EMDR - Psicoterapia Sistemica

Psicoterapia Sistemica
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L’EMDR è un metodo psicoterapico strutturato che facilita il trattamento di diverse psicopatologie e problemi legati sia ad eventi traumatici, che a esperienze più comuni ma emotivamente stressanti.

E’ un approccio psicoterapico interattivo e standardizzato, scientificamente comprovato da più di 44 studi randomizzati controllati condotti su pazienti traumatizzati e documentato in centinaia di pubblicazioni che ne riportano l’efficacia nel trattamento di numerose psicopatologie inclusi la depressione, l’ansia, le fobie, il lutto acuto, i sintomi somatici e le dipendenze.
La terapia EMDR ha come base teorica il modello AIP (Adaptive Information Processing) che affronta i ricordi non elaborati che possono dare origine a molte disfunzioni. Numerosi studi neurofisiologici hanno documentato i rapidi effetti post-trattamento EMDR.
Questa metodologia, utile per il trattamento di disturbi causati da eventi stressanti o traumatici come il disturbo da stress post-traumatico, sfrutta i movimenti oculari alternati, o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio, permettendo così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali.
Si parla di traumi con la T maiuscola per riferirsi a eventi di vita che hanno coinvolto la persona in modo violento come incidenti, lutti, disastri naturali (terremoti, inondazioni ecc.) e di traumi con la t minuscola per riferirsi a traumi relazionali, cioè la quotidiana e ripetuta esposizione a figure di attaccamento disfunzionali e a contesti familiari patologici, che provoca traumi emozionali. (Fernandez I., 2013).
EMDR per il disturbo da stress post-traumatico (DSPT)
Il disturbo da stress post-traumatico (DSPT) si sviluppa in seguito all’esposizione del soggetto ad un evento traumatico nel quale la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. La risposta della persona comprende paura intensa e sentimenti di impotenza o di orrore. Come riportato dal DSM-V l’evento traumatico viene rivissuto ripetutamente in diversi modi, ed il soggetto mette in atto un evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma. Si verificano inoltre alterazioni negative dell’umore o delle cognizioni, ed un’attenuazione della reattività generale, oltre che sintomi di aumentato arousal.
La ricerca ha dimostrato che a seguito di un evento stressante c’è un’interruzione del normale modo di processare l’informazione da parte del cervello. Ciò include il fallimento nel creare una memoria coerente dell’esperienza, in quanto tutti gli aspetti di memoria, pensiero, sensazioni fisiche ed emotive dell’evento traumatico non riescono ad essere integrati tra loro e con altre esperienze. La patologia in questi casi emerge a causa dell’immagazzinamento disfunzionale delle informazioni correlate all’evento traumatico, con il conseguente disturbo dell’equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l’elaborazione dell’informazione. Questo provoca il ‘congelamento’ dell’informazione nella sua forma ansiogena originale, nello stesso modo in cui è stato vissuto; l’informazione congelata e racchiusa nelle reti neurali non può essere elaborata e quindi continua a essere disturbante per la persona.
I movimenti oculari saccadici e ritmici tipici della terapia EMDR, concomitanti con l’individuazione dell’immagine traumatica, delle convinzioni negative ad essa legate e del disagio emotivo, facilitano la rielaborazione dell’informazione, fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi. In questo modo l’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo non negativo.
La tecnica EMDR segue la teoria del processamento dell’informazione e si rivolge alle memorie disturbanti individuali ed ai significati personali dell’evento traumatico e delle sue conseguenze, attivando la rete dei ricordi. La terapia EMDR procede tramite catene di associazioni, collegate con stati che condividono gli elementi sensoriali, cognitivi o emotivi del trauma. Il metodo adottato non è di tipo direttivo; l’individuo è incoraggiato a ‘lasciare accadere qualsiasi cosa avvenga limitandosi a notarla‘ mentre le memorie liberamente associate entrano nella mente tramite l’esposizione immaginativa, in forma di brevi flash.
In accordo con le teorie del condizionamento classico, promuovere l’attenzione a informazioni correlate alla paura facilita l’attivazione, l’abituazione e la modificazione della struttura di paura.
Durante la terapia EMDR, i terapeuti spesso accedono solo a brevi dettagli della memoria traumatica, ed incoraggiano la distorsione o il distanziamento dell’immagine che, in accordo con le teorie tradizionali, dovrebbe esitare in un evitamento cognitivo. La terapia EMDR incoraggia tuttavia gli effetti distanzianti che sono considerati efficaci nel processamento della memoria piuttosto che nell’evitamento cognitivo.
L’EMDR comprende il complesso delle risposte emotive che seguono un evento stressante analizzando stati affettivi, sensazioni fisiche, pensieri, emozioni e credenze contemporaneamente.
Il cambiamento cognitivo che la terapia EMDR evoca, mostra che il soggetto può avere accesso a informazioni correttive e collegarle alla memoria traumatica e ad altre reti di memorie associate. Tutto ciò avviene con piccole, se non nulle, indicazioni da parte del terapeuta. L’integrazione del materiale positivo e negativo che avviene spontaneamente durante il processo di desensibilizzazione dell’EMDR somiglia all’assimilazione in strutture cognitive (in linea con la teoria del processamento adattivo dell’informazione), così come accade per le visioni del mondo, i valori, le credenze e l’autostima.
L’ EMDR e il trauma complesso
L’emdr è molto usato anche nel trattamento del trauma complesso: il Disturbo Post-Traumatico da Stress Complesso (DPTSc) descritto da van der Kolk e colleghi nel 2005, che comprende sette gruppi di sintomi: alterazione della regolazione delle emozioni e degli impulsi, sintomi dissociativi e difficoltà di attenzione, somatizzazioni, alterazioni nella percezione e rappresentazione di sé, alterazioni nella percezione delle figure maltrattanti, disturbi relazionali, alterazioni nei significati personali. Autori come Herman e van der Kolk tendono infatti a considerare il DBP sostanzialmente assimilabile al DPTSc.
Nel trattamento del DPTSc una volta ottenuta una sufficiente stabilizzazione dei sintomi e costruita una buona alleanza terapeutica con il paziente, è possibile dare inizio alla seconda fase della terapia centrata sull’esame più attivo e attento dei ricordi traumatici, che talvolta il paziente ha già riportato spontaneamente durante la prima fase, e poi sull’integrazione.
È importante ricordare come le memorie traumatiche comportino di regola l’incompleta integrazione del ricordo nel flusso continuo dell’autocoscienza, a causa dei processi dissociativi di detachment e compartimentazione, e come la conseguenza della dis-integrazione di tali memorie influenzi il comportamento e le reazioni emotive dei pazienti, disorganizzandoli, senza che essi ne siano pienamente consapevoli (Liotti e Farina, 2011b).
Lo scopo del trattamento delle memorie traumatiche non è quello di far emergere un contenuto rimosso, ma piuttosto quello di ricostruire l’interezza degli eventi vissuti, di associare le diverse componenti frammentate (emotiva, sensoriale, motoria, cinestesica, cognitiva), assimilarle e permetterne l’integrazione nella narrazione autobiografica del paziente al fine di evitare o mitigarne l’effetto disorganizzante.
Il clinico esperto sa che questo lavoro di integrazione deve essere necessariamente preceduto dal lavoro sulla regolazione delle intense e soverchianti emozioni provocate dalle memorie traumatiche. Per poter affrontare un ricordo traumatico il paziente deve collocarsi all’interno della “finestra di tolleranza” dell’attivazione e delle emozioni ed essere in grado di modulare tale attivazione; l’alleanza terapeutica deve essere sufficientemente solida e l’umore e le condizioni generali del paziente devono essere adeguate.
Una volta stabilita con il paziente una buona alleanza, aver condiviso gli obiettivi da perseguire insieme nel percorso terapeutico e sperimentato l’aumento delle capacità metacognitive e di controllo degli stati emotivi, è possibile procedere alla rievocazione guidata delle memorie traumatiche.
Prima operazione sarà dunque quella di ricostruire la funzione janetiana di presentificazione (distinzione tra passato e presente), ricostruendo con il paziente i confini temporali dell’evento da condividere in seduta (Liotti e Farina, 2011b). Successivamente si potrà procedere all’integrazione delle differenti componenti dell’evento: le emozioni e le sensazioni corporee, le immagini mentali, i significati generali e specifici derivanti dall’accaduto. È in questa fase del trattamento che si può cominciare ad usare l’EMDR.
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Dott.ssa Alessandra Gatto
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